Lo psicologo per bambini è una figura importante ma non sempre conosciuta. Ci sono ancora molti luoghi comuni sugli psicologi (es: lo psicologo cura i matti) e viene spesso confuso con figure che non hanno le sue stesse competenze (es: pedagogista, counselor, coach…). Ecco di seguito qualche informazione sullo psicologo per bambini, su chi è, cosa fa e cosa aspettarsi. Per qualsiasi domanda non esitare a scrivere.
Psicologo per bambini: Come si chiama
Lo psicologo per bambini viene chiamato in diversi modi ma ci si dovrebbe riferire a lui come Psicologo dell’Età Evolutiva.
La psicologia dell’età evolutiva è una branca della psicologia dello sviluppo. Mentre quest’ultima studia lo sviluppo dell’individuo dal concepimento alla morte, la psicologia dell’età evolutiva si concentra sul periodo che va dagli 0 ai 18 anni (e in alcuni casi anche oltre).
Nonostante quindi in giro si trovi spesso l’utilizzo del termine psicologo infantile, la sua definizione è molto spesso sovrapponibile al più corretto e riconosciuto termine psicologo dell’età evolutiva.
Chi è lo psicologo per bambini
Lo psicologo dell’età evolutiva è uno psicologo che ha seguito un particolare percorso di studi.
Per diventare psicologo dell’età evolutiva, una persona deve aver conseguito una laurea magistrale specifica (es: psicologia dello sviluppo), aver effettuato tirocinio presso strutture che si occupano di età evolutiva (es: neuropsichiatrie infantili) ed essere stato abilitato all’esercizio della professione tramite esame di stato ed iscrizione all'albo.
Tuttavia, non esistono titoli ufficialmente riconosciuti per ottenere la qualifica di psicologo dell’età evolutiva. La qualifica di psicologo dell’età evolutiva è più un titolo che il singolo professionista si riconosce o che può essere dedotto dal percorso accademico e dal curriculum professionale.
Di fatto, ogni psicologo che si occupa nel proprio lavoro di bambini e adolescenti è uno psicologo dell’età evolutiva.
Va precisato inoltre che possono esserci anche psicoterapeuti (psicologi o medici) dell’età evolutiva, i quali sono gli unici ad essere abilitati ad effettuare psicoterapia, ed è a loro che solitamente si fa riferimento quando si pensa ad uno psicologo per bambini.
Cosa fa lo psicologo per bambini
Nel lavoro coi bambini, lo psicologo prende in carico la famiglia e le sedute potranno rivolgersi al bambino, ai genitori o a entrambi.
In una prima fase valutativa lo psicologo cercherà di concettualizzazione il problema attraverso un colloquio con i genitori (ed in caso il bambino) e la somministrazione di questionari e test.
Una volta definito il problema (e in caso formulata una diagnosi) lo psicologo indicherà alla famiglia il trattamento più appropriato. In particolare, basandosi sulla letteratura scientifica disponibile e sulle eventuali linee guida, lo psicologo dovrebbe indicare il trattamento di maggior efficacia possibile.
Lo psicologo potrà offrire attività di sostegno e counseling psicologico nel caso di difficoltà emotive e comportamentali (per i quali potrebbero essere utili anche dei Parent Training o dei Teacher Training) o di riabilitazione nel caso della necessità di una rieducazione funzionale di specifici processi (es. letto-scrittura nella Dislessia) o abilità cognitive (es: potenziamento della memoria o dell’attenzione) e psicomotorie (es: rieducazione grafo-motoria nella Disgrafia).
Nel caso ne sia abilitato all’esercizio, lo psicologo potrà svolgere con il bambino e/o la famiglia un percorso di psicoterapia occupandosi di disturbi internalizzanti (es. Disturbi d’ansia e Disturbi depressivi) e disturbi esternalizzanti (es. Disturbo Oppositivo-Provocatorio e Disturbo della condotta).
Quando portare un bambino dallo psicologo
Solitamente il primo interlocutore quando ci sono problemi con i propri figli è il pediatra, il quale indirizzerà la famiglia, se lo riterrà opportuno, verso il professionista più ideneo a rispondere alle loro esigenze. Talvolta può succedere però che qualche pediatra sottovaluti un problema.
Per capire quando portare un bambino dallo psicologo è utile far riferimento ad alcuni indici (quali la durata, la frequenza e l’intensità) e ad alcuni parametri di confronto.
Prendiamo ad esempio un bambino che provi una qual certa paura quando la mamma non c’è. Se è normale sperimentare paura, l’angoscia nei bambini non dovrebbe essere sottovalutata. Potrebbe essere sempre ad esempio utile osservare la durata del pianto, la frequenza (ogni quanto succede) e l’intensità (il grado con cui viene sperimentata l’emozione).
Facendo un altro esempio, sappiamo che è normalissima l’agitazione nei bambini, ma iperattività, scoppi d’ira e comportamenti oppositivo-provocatori non andrebbero sottovalutati. Anche qui potrebbe essere importante rilevare la durata, la frequenza e l’intensità di questi comportamenti.
Risulta inoltre utile provare a fare un confronto con bambini della stessa età rispetto al problema in questione. Se è infatti diffusa la paura in bambini piccoli di essere lasciati da soli, la stessa cosa non è così frequente nella preadolescenza.
Per decidere quando portare un bambino dallo psicologo è infine importante far riferimento alla sofferenza che il problema del bambino sta creando a sé stesso e al sistema famiglia.
Starà poi allo psicologo, in seguito alla sua valutazione, dire se la problematica riportata ha rilevanza clinica oppure no.
Come dire ad un bambino che deve andare dallo psicologo
Molti genitori tendono a mentire a proprio figlio quando lo portano dallo psicologo, dicendo che è un medico o magari un amico di mamma e papà. Sarebbe bene invece essere onesti, e spiegare al bambino che lo si sta portando da uno psicologo, che è un dottore che non utilizza siringhe o altro, e che usa principalmente le parole e potrebbe aiutarlo a stare meglio, a sentirsi meno ansioso, triste, arrabbiato…
Il genitore, a seconda dell’età del figlio, può esprimergli le proprie preoccupazioni sul suo comportamento laddove il bambino non si accorga di come questo possa far star male gli altri.
È importante tuttavia che il bambino non prenda l’andare dallo psicologo come una punizione, ed è bene quindi che i genitori gli comunichino questa decisione in un momento privo di tensione emotiva, spiegandone le ragioni e provando a rispondere alle domande del bambino.
Sarà poi cura dello psicologo, durante i primi incontri, instaurare col bambino una relazione di fiducia e fargli capire che non è una spia al servizio dei genitori, ma una persona che può effettivamente essergli d’aiuto.
Immagine tratta da https://www.onlinepsychologydegrees.com/specialty/developmental-psychology/
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